Angelo Mammoliti
Angelo Mammoliti è un giovane laureato in Industrial Design presso l’Università degli Studi di Firenze, al Design Campus di Calenzano. Ha completato il percorso triennale ed è attualmente in procinto di conseguire la laurea magistrale in Product Design. La sua formazione accademica ha costituito un pilastro fondamentale per il suo sviluppo culturale e personale.
Durante la sua carriera, Angelo ha avuto l’opportunità di partecipare al prestigioso master internazionale presso la “SOS – School of Sustainability” dell’architetto Mario Cucinella a Milano. In questa esperienza, ha collaborato con aziende di rilievo come Artemide, lavorando accanto a designer di fama internazionale, tra cui Carlotta de Bevilacqua, Laura Pessoni e Laura Salviati.
Nel 2023, Angelo ha progettato una linea esclusiva di lampade per l’azienda artigiana “Il Bronzetto” di Firenze. Questa collezione è stata presentata al Salone del Mobile di Milano, nello specifico all’evento Euroluce. Attualmente, le lampade sono incluse nel catalogo dell’azienda e disponibili per l’acquisto.
Il designer Angelo Mammoliti ritiene che alcuni valori non debbano mai essere trascurati. L’artigianato e il lavoro manuale, uniti all’attenzione per i dettagli, rappresentano per lui elementi fondamentali che il designer deve comunicare alla comunità. Egli promuove l’importanza di produrre meno, ma con maggiore qualità, intesa come cura artigianale, attenzione al processo produttivo e sostenibilità ambientale. Angelo crede che sia compito del designer educare il consumatore finale su questi principi.
Un principio caro ad Angelo è ben espresso nelle parole del 1998 di Bruno Munari, grande maestro del design italiano:
‘Il vero designer è una persona che, davanti a un oggetto da usare, pensa soprattutto a chi lo userà.’”
Da dove nasce la tua passione per il design?
Fin da giovane ho nutrito una passione per il disegno, poiché amavo riprodurre ciò che avevo di fronte, cercando di replicarlo con precisione. Durante gli anni del liceo presso l’Istituto di Istruzione Superiore “Santoni Geometri” di Pisa, sebbene non fossi particolarmente abile nelle materie ordinarie e fossi spesso rimandato ogni anno, ho avuto l’opportunità di partecipare a uno dei primi bandi e progetti di livello locale presso la mia scuola superiore, noto come “Progetto Eugenio Caponi”. Questo progetto prevedeva la creazione di un centro culturale in area di Pisa, in memoria del figlio dell’architetto Caponi, che frequentava la mia stessa scuola e che, purtroppo, perse la vita in un incidente stradale durante il suo ultimo anno prima di diplomarsi.
L’emozione e la dedizione del padre nel condividere la sua passione e nel contempo cercare di mantenere viva la memoria del figlio attraverso i progetti degli studenti mi avevano profondamente commosso. Da quel momento, iniziai a disegnare con uno stato di profonda immersione creativa, in cui ogni mia creazione doveva avere un significato e un senso. Iniziai così a realizzare i primi prospetti, le prime sezioni, i primi schizzi e le prime moodboard. Non ero pienamente consapevole del processo creativo, ma mi lasciai guidare da quella voce interiore il cui unico scopo era realizzare il sogno del figlio dell’architetto scomparso.
Non essendo tra i migliori della mia classe, all’inizio non ricevevo molta attenzione dai miei compagni e professori, che spesso preferivano i progetti dei compagni più abili. Tuttavia, un giorno un professore di scienze delle costruzioni notò uno dei miei progetti al computer e mi chiese incredulo: “Da dove hai scaricato questo progetto?”. Risposi con orgoglio che l’avevo realizzato completamente da solo, suscitando la sua meraviglia.
Quindi intorno a me ogni giorno avevo tutti i miei compagni che erano curiosi di ciò che stessi realizzando, facendo quasi il tifo per me.
Alla fine, durante la fase di valutazione, gli architetti, il mio professore di costruzione e il professore di italiano che faceva parte della commissione mi contattarono personalmente per comunicarmi che, se avessi mostrato lo stesso impegno e la stessa dedizione degli ultimi cinque mesi in tutti gli anni precedenti, sarei stato il migliore dell’istituto. Mi congratularono infine, facendomi i complimenti per aver vinto il primo premio del “Progetto Eugenio Caponi”.
Da quel momento ho riconosciuto l’importanza fondamentale della progettazione, che poi si è estesa nel mondo affascinante e ricco di significati e colori del design. In ciascun mio progetto, mi impegno a conferire un significato tangibile che sia di utilità per le persone, per la comunità e per il mondo intero. Questa esperienza mi ha motivato a perseguire con maggior determinazione il mio cammino professionale e creativo.
Cosa ispira i tuoi progetti?
Spesso si crede che la forma sia il primo passo nel processo di progettazione. Tuttavia, questo non è sempre vero. A volte, la forma emerge da una lunga ricerca che può essere basata sul materiale, su un significato storico, morale o etico. Altre volte, nasce semplicemente osservando le persone mentre utilizzano un prodotto, magari commettendo errori nel suo utilizzo. Spesso, l’errore non è dell’utente finale, ma è un errore di progettazione. Sono queste sottili sfumature della vita, questi piccoli dettagli, che fanno la differenza. A volte è necessario saper osservare un oggetto o le persone. Un angolo, una curva, un dettaglio: sono tutti elementi che non lascio mai al caso. Se sono stati inseriti, è perché hanno un motivo, una funzione chiara e precisa nel progetto finale.
Come suggerisce proprio la parola “design”, che deriva dal latino “designare”, che significa “disegnare” o
“progettare” ha origine nel XIV secolo e ha assunto nel corso dei secoli un significato sempre più ampio,
abbracciando non solo l’aspetto estetico, ma anche la funzionalità, l’ergonomia, e l’innovazione.
Questo fa capire che per progredire nel futuro, è spesso necessario avere una profonda comprensione del
passato. Questo è ciò che ci hanno insegnato i grandi architetti e designer che hanno plasmato il mondo del
design.
In che modo la cultura italiana ti ha influenzato?
Il Design italiano, a mio avviso, si distingue notevolmente dagli altri stili di Design in virtù della sua capacità di offrire costantemente un effetto sorpresa. Gli architetti e i designer che si dedicano a questo campo non progettano semplicemente per creare un nuovo prodotto, ma concepiscono opere destinate a intrattenere e arricchire la vita delle persone. Spesso, osservando un progetto di design italiano in foto, può non essere immediatamente chiaro il suo significato o può sembrare essere soltanto un capriccio estetico. Tuttavia, incoraggio tutti i lettori a sperimentare direttamente un progetto di design italiano, a lasciarsi coinvolgere da questo universo ricco di colori e forme insolite, che sono spesso pronte a sorprenderci.
Per me, Bruno Munari rappresenta un Designer Italiano straordinario in virtù della sua capacità non solo di progettare, ma anche di semplificare, giocare e divertirsi nel processo creativo. Egli è in grado di realizzare prodotti semplici e accessibili a tutti, come le “Falkland Lamp”, e con un ingegno disarmante crea le “Forchette Parlanti”, rendendo comprensibile ciò che appare apparentemente complesso. È indubbiamente un genio che ha sempre tenuto presente che ciascuno di noi conserva un bambino interiore, una caratteristica che rimarrà con noi per sempre.